Piansano

Le origini di questo singolare borgo, risalgono all’epoca etrusca quando esisteva, in questa zona, un insediamento urbano denominato Maternum e situato in località “Po’ de Metino”.
Il sito si trovava in buona posizione strategica in quanto collegato, grazie alla via Clodia con l’allora importantissima Tuscania.
Ancora nel medioevo Tuscania costituiva per Piansano un punto di riferimento in quanto, durante le contese tra le potenti famiglie locali e la Chiesa, ne aveva preso più volte le difese.
Ben presto però gli eventi precipitarono e la potente cittadina iniziò ad avere delle rivalse nei confronti della sua protetta: nel 1301 inviò le sue truppe a conquistare il paese e, non riuscendovi, chiese sentenza al Senato che le accordò l’affidamento di Piansano.
Fu poi governata dai Di Vico che vennero però cacciati, nel 1354, dal cardinale Albornoz, chiamato per ristabilire il potere della Chiesa nelle terre dello Stato Pontificio. Per un breve periodo appartenne ai Montemarte, cui fu affidata da papa Gregorio XI, e nel 1381 fu quindi la volta dei Farnese.
Tra alterne vicende, i Farnese ressero le redini di Piansano fino all’istituzione del Ducato di Castro, avvenuta tre anni dopo la nomina a papa di Alessandro Farnese, Paolo III.

 

Nel 1790 il piccolo borgo di Piansano fu concesso dallo Stato Pontificio al conte Alessandro Cardarelli. Nel 1808 la Camera apostolica vendette il feudo al principe polacco Stanisław Poniatowski. Il principe Poniatowski, trasferitosi da Roma a Firenze, lo rivendette nel 1822 al conte Giuseppe Cini. Il Cini, che ne rimase proprietario unico fino al 1897, lo mise all’asta e fu aggiudicato al Monte dei Paschi di Siena.

Nel 1909 la banca toscana lo mise in vendita e fu acquistato da più acquirenti. Dopo la fine della prima guerra mondiale, il feudo, spezzettato in più proprietari, fu espropriato dall’Opera nazionale combattenti che l’assegnò ai reduci della Grande Guerra.

 

Con la distruzione del Ducato di Castro e la conseguente caduta dei Farnese, Piansano cadde nell’oblio e vi restò fino al Novecento quando, grazie alla vitalità dei suoi abitanti, riuscì a ritrovare una propria dimensione.

 

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